CURSI e il SALENTO |
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Il tesoro nella pignata. Le monete d'oro ritrovate a Cursi (da una ricerca del Prof. Donato Giannuzzi).
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Era il lontano 1884 quando nel giardino adiacente alla bella dimora di Achille De Donno furono ritrovate numerose monete d' oro. Il palazzo era stato in passato il castello dei Maramonte, dei Cicinelli e dei Caracciolo. Nel 1872 la famiglia De Donno, i fratelli Giuseppe, Alessandro e Achille De Donno avevano acquistato dal Comune dei terreni adiacenti al palazzo già di loro proprietà. E' possibile che negli anni seguenti siano stati fatti dei lavori che hanno portato a questa scoperta.
In un giardinetto attaccato a quell' antico palazzo, alcuni operai di Cursi si affannano a cavar terra con zappe e picconi per porre delle solide fondamenta per una nuova costruzione. Lo scavo avviene presso altre fondazioni più antiche di cui nessuno fino ad allora conosce l'esistenza. Improvvisamente, a circa 75 cm sotto terra, gli scavatori s'imbattono in un pentolino di creta, una "pignata di Cutrofiano", ben panciuta e sigillata. Che è, che non è, (la curiosità è fortissima), la tirano subito fuori,la rompono: davanti ai loro occhi avidi e meravigliati luccicano numerose monete sonanti. Chi più può, più ne prende; poi, contenti, me nello stesso tempo sospettosi, per paura che il Sig. De Donno venga a sapere quanto rinvenuto nel suo giardino, quatti quatti ritornano nelle loro casette dove ciascuno si affretta a seppellire il tesoro nell'angolo più remoto e nascosto. Non siamo in grado di riferire con sicurezza quale fosse il vero numero delle monete riapparse. Tenendo conto delle dimensioni del pentolino, si ipotizza che si sia trattato all'incirca di ben 373 monete sonanti. Per fortuna alcuni di quegli "astuti lavoratori" raccontano ogni cosa alle rispettive consorti e figlie le quali, a loro volta, riferiscono tutto alle amiche comari. E così piano piano, da una bocca all'altra, sia pure bisbigliata, la "nuova" perviene alle orecchie del sig. Achille De Donno il quale, immediatamente, reclama le monete per sue. Alternando agli allettamenti anche oscure minacce, costui riesce a racimolare soltanto 114 , precisamente 112 d' oro e due sole di argento. Una volta in possesso, le spedisce all'amico, il duca Sigismondo Castromediano, con preghiera che gli risolva il seguente enigma: quando, da chi e perché furono nascoste, come mai furono dimenticate, ma soprattutto quanto valgono. Il Duca risolse gli enigmi da par suo, sostenendo che a nasconderle era stato l'allora barone di Cursi, Franceschello Maramonte, verso il 1544, per paura di una invasione del corsaro Lusten-bey, meglio conosciuto col soprannome di "Barbarossa" e che, continuando il pericolo delle incursioni corsare, le monete rimasero nascoste fino ad essere dimenticate; infine che valevano moltissimo. Ad ogni modo, per chi voglia meglio conoscere il tenore delle risposte, non resta altro che leggere l'opuscoletto dello stesso Duca Sigismondo Castromediano, pubblicato a Lecce nel 1885 presso la premiata Tipo-Litografia Editrice salentina. Per quanto ci riguarda, preferiamo soffermarci invece sulla qualità e sul valore delle monete che, a dire del Duca, "... tolte tre o quattro, sono tutte fior di conio: ve ne ha delle belle e delle rare". Esse datano dal 1388 al 1556. La più antica è di Sigismondo re d'Ungheria e fu precisamente coniata nel 1388; l'ultima invece, è di Carlo V e giunge al 1556, l'anno in cui costui abdicò alla corona imperiale. Si tratta veramente di un ciclo di tutto rispetto, 168 anni, che abbraccia tre secoli: XIV, XV e XVI. Questo lo specchietto che ne risulta:
È naturale che la maggior parte delle monete siano tutte di Carlo V, ben 49 , dal momento che costui fù anche re di Napoli; ed è del tutto naturale che ci sia anche un numero eccedente di monete veneziane, ben 42, se si pensa che la Repubblica di Venezia esercitò da tempo antico vivi e importanti commerci nel Mezzogiorno d' Italia, e in modo particolare con i porti di Terra d' Otranto. Conviene anche ricordare che Venezia ottenne per due volte il dominio dei porti pugliesi: la prima volta quando Ferrante II glieli concesse in pegno per denaro ed aiuti da essa ricevuti; la seconda, durante la discesa del Lautrech, quando occupò Terra d' Otranto, essendo sospettosa del suo stesso alleato, il re di Francia. Non bisogna nemmeno meravigliarsi di una così grande mescolanza di monete antiche con quelle più moderne: vuol dire che quando furono coniate e messe in circolazione le ultime, circolavano ancora le più antiche. Ecco l' elenco descrittivo e la riproduzione di alcune monete tra le più significative trovate a Cursi nel 1884:
Purtroppo più della metà delle monete del tesoretto di Cursi corse da una parte all' altra d' Italia e la maggior parte prese forse la via dell' estero. Quanto a quelle recuperate dal Sig. Achille De Donno, a parere del giudice Michele Paone potevano trovarsi presso il Museo Nazionale della Magna Grecia di Taranto. Sarebbe auspicabile poter trasferire le 112 monete nel Museo Provinciale "Sigismondo Castromediano" di Lecce, che sarebbe certamente la sede più congeniale per questo ritrovamento. Link:
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